I dolcificanti ormai sono ampiamente diffusi.
Possiamo trovarli sul bancone del bar, vicino allo zucchero, o all’interno delle bevande dietetiche.
Di solito chi li utilizza è perché ha deciso di mettersi a dieta e ridurre un po’ la quantità di zuccheri nella giornata, senza però rinunciare al gusto.
Tuttavia, periodicamente, si sentono notizie allarmistiche a riguardo: fanno ingrassare, sono tossici, aumentano il rischio di cancro e così via.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e di capire come usarli al meglio.
I dolcificanti, o edulcoranti, sono sostanze utilizzate per conferire sapore dolce ai prodotti alimentari.
Un parametro molto importante per definire queste sostanze è il PE, il Potere Edulcorante, cioè il rapporto tra la concentrazione di una soluzione di saccarosio e quella di un dolcificante che ha la stessa intensità di sapore. Tradotto vuol dire che un 1 grammo di una sostanza come l’aspartame che ha un PE=200 ha un sapore dolce corrispondente a quello di 200 grammi di saccarosio (il comune zucchero da tavola). Questo è il motivo per cui ne vengono utilizzate quantità molto ridotte.
Solitamente vengono classificati in:
- Dolcificanti di massa: hanno la metà delle calorie dello zucchero, in genere tra 2 e 2,5 kcal/g (lo zucchero ne ha 4kcal/g) e vengono utilizzati per la preparazione di prodotti ipocalorici di pasticceria. Tra questi ricordiamo lo xilitolo, il sorbitolo, il mannitolo, il maltitolo, l’isomalto, l’eritritolo e il lattitolo. Sono sostanze digerite molto lentamente e possono dare luogo a fenomeni osmotici e di fermentazione, motivi per cui ad alte dosi portano a spiacevoli effetti intestinali.
- Dolcificanti Intensivi: hanno un alto potere edulcorante per questo vengono utilizzati in quantità molto ridotte, non hanno praticamente calorie e sono acariogeni. Sono quelli che troviamo al bar o che possiamo acquistare al supermercato per dolcificare gli alimenti (anche detti edulcoranti da tavola). Tra questi troviamo l’acesulfame K, l’aspartame, il ciclammato, la saccarina, il sucralosio, il neotame e l’advantame.
Molti di questi possono avere un retrogusto amaro o metallico: a livello delle papille gustative infatti, le sostanze dolci possono legarsi agli stessi recettori cui si legano le sostanze amare, strutturalmente molto simili. Per evitare sapori forti o che alterano troppo il gusto finale dei cibi vengono di frequente ridotti nelle dosi e mischiati tra loro. Molti di questi sono naturali e si ritrovano nei vegetali, ad esempio la più conosciuta stevia che presenta un leggero retrogusto di liquirizia.
Sulla questione sicurezza bisogna dire questo: l’Europa è all’avanguardia quando si parla di norme in campo igienico e sanitario. L’EFSA, l’Autorità per la Sicurezza Alimentare in Europa, è l’organismo che si occupa di tutto ciò. Prima di essere messe in commercio tutte le sostanze destinate a stare a contatto con gli alimenti (come gli additivi, appunto) seguono dei rigidi procedimenti di verifica per comprendere quali siano le soglie di sicurezza.
Ovviamente le scoperte scientifiche vanno avanti: è possibile che in futuro nuovi studi ci diano informazioni differenti rispetto a quelle che abbiamo oggi ma i limiti che ci sono adesso sono ben ponderati, non bisogna temere, l’importante è seguire sempre le indicazioni d’uso e non eccedere nelle dosi.
Andiamo adesso ad analizzare le questioni principali sui dolcificanti.
Dolcificanti, senso di fame e aumento dell’apporto energetico
Uno degli argomenti più controversi è l’effetto dei dolcificanti sul senso di fame e se questo può comportare nel tempo un aumento del peso.
Tra i meccanismi ipotizzati c’è l’alterazione della fase cefalica, cioè la risposta che il nostro organismo mette in atto prima ancora di introdurre cibo nella bocca (l’"acquolina" è un processo tutt’altro che banale ed è indice che il corpo si prepara a mangiare). L’esposizione ai dolcificanti fa sì che si riduca la capacità di "predire" l’apporto energetico di ciò che stiamo mangiando. Questo significa che tendenzialmente "si perde" la capacità di compensare quello che si mangia nel tempo e questo può portare a mangiare di più.


Alcuni studi inoltre mettono in evidenza come i dolcificanti possano sfruttare dei meccanismi di ricompensa differenti rispetto al semplice zucchero.
Tutto questo però non ha portato a risultati importanti nell’uomo: i dati in letteratura infatti non mostrano un effettivo incremento della fame o dell’apporto energetico.
Bisogna tenere conto comunque che ad oggi è difficile dare delle risposte definitive dal momento che i risultati degli studi variano in base al tipo di dolcificante studiato, al modo in cui vengono somministrati, al fatto che esistono meccanismi di adattamento che modificano le nostre risposte e che c’è un’importante variabilità individuale.
Microbiota
La composizione del microbiota intestinale è influenzata da ciò che mangiamo. Un’alimentazione varia, ricca di frutta, verdura, legumi e cereali integrali contribuisce a rendere più sano tutto il canale alimentare.
L’uso dei dolcificanti può modificare la composizione delle popolazioni batteriche. Alcuni di loro prevengono le carie dentali e possono influenzare la composizione dei microorganismi nel cavo orale.
La letteratura scientifica evidenzia in particolar modo come la saccarina e il sucralosio possano portare a disbiosi e ad alterazione della tolleranza al glucosio.
Alcuni polioli, come l’isomalto e il maltitolo aumentano i bidifidobatteri e possono comportarsi da prebiotici ma in grandi quantità possono dare problemi di gonfiore, dolori addominali e diarrea, specie in chi soffre di intestino irritabile.
Glicemia
Come appena visto, alcuni dolcificanti possono portare ad alterazioni della glicemia per un effetto mediato dalla modifica della flora batterica. In particolar modo la saccarina sembrerebbe alla base di questo.
Tuttavia, anche in questo caso i risultati che si hanno oggi non sono conclusivi e studi più rigorosi sarebbero necessari per capire meglio questo legame.
Tumori
Dagli anni 70 in poi è stato ipotizzato più volte un legame tra dolcificanti e tumori.
Sono state condotte molte ricerche a riguardo ma, sebbene ci sia qualche legame con i tumori negli animali a dosi spropositatamente alte rispetto a quelle normalmente consumate, negli uomini questa relazione non è mai stata dimostrata. Il National Cancer Institute, agenzia americana che si occupa di ricerca sul cancro, ha definito sicuri la saccarina, l’aspartame, l’acesulfame K, il ciclammato, il neotame e l’advantame.
Gravidanza
In caso di gravidanza ad oggi le raccomandazioni sono tutte più o meno d’accordo sul fatto che bisogna evitare di assumere saccarina, in quanto in grado di attraversare la placenta, e il ciclammato. Per tutti gli altri è sempre meglio evitare o comunque farsi consigliare da uno specialista.


Conclusioni
Come ogni cosa in campo alimentare, se usati con raziocinio e all’interno di un’alimentazione adeguatamente bilanciata, i dolcificanti possono aiutare. Chi deve fare maggiore attenzione sono sicuramente i bambini, gli adolescenti, le donne in gravidanza e durante l’allattamento e chi presenta fenilchetonuria, in questi casi meglio rivolgersi al proprio medico o dietista di fiducia.
Da un punto di vista dietetico, in un percorso di perdita di peso la chiave è l’educazione alimentare e le abitudini che si intraprendono. Per questo motivo riteniamo più sensato lavorare sul senso del gusto, riducendo a poco a poco il consumo di zucchero e prodotti zuccherati, evitando l’uso di queste sostanze.
Gli zuccheri infatti non sono il male, non vanno banditi in modo assoluto, è sempre l’eccesso che risulta dannoso. Sappiamo inoltre che il gusto può essere allenato: come succede con il salato, anche al dolce ci si abitua, tutto sta nel ridurlo con la giusta gradualità. Se togliamo lo zucchero da qualsiasi pietanza da un momento all’altro difficilmente riusciamo a mantenere questa abitudine nel tempo.
Usiamo queste sostanze con giudizio ma soprattutto cerchiamo di capire se possono essere il mezzo migliore per l’obiettivo che ci siamo prefissati.
Alla prossima ;)
Per approfondire:
- Qing Yang. Gain weight by "going diet?" Artificial sweeteners and the neurobiology of sugar cravings. Yale J Biol Med. 2010 Jun; 83(2): 101-108.
- Raben A, Vasilaras TH, Møller AC, Astrup A. Sucrose Compared With Artificial Sweeteners: Different Effects on Ad Libitum Food Intake and Body Weight After 10 Wk of Supplementation in Overweight Subjects. Am J Clin Nutr 76 (4), 721-9
- Wiebe, N., Padwal, R., Field, C. et al. A systematic review on the effect of sweeteners on glycemic response and clinically relevant outcomes. BMC Med 9, 123 (2011).
- Rogers, P., Hogenkamp, P., de Graaf, C. et al. Does low-energy sweetener consumption affect energy intake and body weight? A systematic review, including meta-analyses, of the evidence from human and animal studies. Int J Obes 40, 381-394 (2016).
- Ruiz-Ojeda FJ, Plaza-Díaz J, Sáez-Lara MJ et al. Effects of Sweeteners on the Gut Microbiota: A Review of Experimental Studies and Clinical Trials. Adv Nutr. 2019 Jan; 10(Suppl 1): S31-S48.
- Nichol, A.D., Holle, M.J. & An, R. Glycemic impact of non-nutritive sweeteners: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Eur J Clin Nutr 72, 796-804 (2018).
- https://www.diabete.com/i-dolcificanti-artificiali-possono-alterare-la-glicemia/
- https://www.cancer.gov/about-cancer/causes-prevention/risk/diet/artificial-sweeteners-fact-sheet
- https://www.cancercouncil.com.au/86047/cancer-information/general-information-cancer-information/cancer-questions-myths/food-and-drink/artificial-sweeteners-do-not-increase-cancer-risk/