Perché possiamo misurare l’energia dei nutrienti in calorie?
Quante volte avete sentito dire che le calorie non contano nulla in nutrizione?
“Non siamo caldaie o camini, quindi le calorie non hanno senso”
Questa visione errata nasconde certamente delle verità: analizzare una dieta solo per il contenuto calorico e non per tutta la gamma di variabili utili al mantenimento dello stato di salute è non solo sbagliato teoricamente, ma anche pericoloso.
Tuttavia pensare di approcciare al mondo della dietetica senza considerare fondamentale il conteggio calorico è come cercare di toccare la luna allungando le braccia verso l’alto… un’idea che porta a poco.
Ma partiamo dalle basi.
La caloria è un’unita di misura dell’energia.
In particolare viene definita come l’energia tale per innalzare la temperatura di 1 g di acqua distillata da 14,5 a 15,5 gradi.
In nutrizione però siamo soliti usare la Kilocaloria che consiste nell’energia necessaria per innalzare di un grado 1 Kg di acqua distillata (e corrisponde quindi a 1000 cal).
Il sistema internazionale utilizza il Kilojoule, ma è solo un modo diverso per chiamare la stessa energia (il rapporto è 1 cal = 4,186 J).
Il primo principio della Termodinamica ci insegna che:
“l’energia non si crea, né si distrugge: essa si può soltanto trasformare”
Questo significa che se introduciamo all’interno del nostro corpo delle molecole che contengono una determinata energia, questa energia non può sparire, ma deve trasformarsi in qualcosa.
I detrattori delle calorie mostrano solitamente come il sistema utilizzato per stimare le calorie di un nutriente (calorimetria) sia diverso da quello che avviene nel nostro complesso metabolismo.
Per capire come in realtà sia possibile approssimare i due sistemi dobbiamo introdurre un ulteriore concetto termodinamico: l’entalpia.
L'entalpia posseduta da un sistema termodinamico (solitamente indicata con H) è una funzione di stato definita come la somma dell'energia interna u e del prodotto della pressione P per il volume V.
H= u + P x V
A sua volta sappiamo che: Δu = q + w (per la prima legge della termodinamica)
Dove Δu consiste nella differenza tra energia iniziale e finale, q è il calore assorbito dal sistema e w il lavoro eseguito sul sistema.
L’entalpia quindi la otteniamo sostituendo w con il prodotto PxV a pressione costante (questo prodotto coincide con un lavoro)
In particolare nelle reazioni biologiche il volume è costante è quindi ΔH equivale al calore assorbito o ceduto al sistema.
Ci siamo persi tra i numeri?
Non importa, il concetto fondamentale è questo: l’entalpia è una funzione di stato (come l’energia interna) e quindi non dipende dal modo in cui si è raggiunto un determinato livello energetico, ma solo dallo stato iniziale e finale.
Immagina un pugno che arriva sulla tua faccia: non importa che traiettoria impiegherà, alla fine avrai lo zigomo dolorante in ogni caso.
Quindi se l’entalpia è una funzione di stato significa che se la reazione avviene fuori o all’interno dell’organismo non ci interessa; se prodotti e reagenti sono gli stessi e se le condizioni sono le medesime.
Possiamo quindi, conoscendo le condizioni iniziali e finali di una reazione, misurare l’energia liberata.
Nel corpo umano i principali nutrienti a scopo energetico sono ossidati ad anidride carbonica ed acqua.
Nel calorimetro misurando la quantità di calore ceduta all’ambiente dal nutriente che subisce questa trasformazione ci dà un’ottima stima di quello che potrà “donare” dal punto di vista energetico al nostro corpo.
Per alcuni nutrienti specifici è necessario apportare delle correzioni, ma il risultato finale è estremamente affidabile.
Non è quindi affatto vero che la caloria sia un sistema errato per quantificare l’energia del cibo.
A meno di non superare la prima legge della termodinamica…ma a quel punto non possiamo più aiutarvi.
Rivolgetevi al Professor X, fondatore degli X-Men.